I migliori vini del Veneto

Il Veneto è associato a differenti attrazioni riconosciute a livello mondiale: Venezia, Verona con Giulietta e Romeo etc. Ma una delle tradizioni di cui si va più fieri riguarda il settore enogastronomico. Ricordiamo che per un veneto è importante sottolineare come la fiera nazionale del Vino, il Vinitaly, si tenga in terra veneta, nello specifico a Verona.

La regione Veneto, si sa, è rinomata per il suo amore per il vino. Anche se nel 2017 questa regione ha perso il dominio sulla produzione vinicola a vantaggio della Puglia, i dati appaiono molto interessanti. Innanzitutto si riscontra un netto taglio per categoria qualitativa: la continua crescita del Prosecco e del Conegliano Valdobbiadene hanno prodotto un calo produttivo nelle categorie di vino non DOC. Di conseguenza la qualità ha subito un salto in alto.

Ma quali sono i migliori vini del Veneto?

Partendo da un’analisi quantitativa, il 67 per cento delle varie coltivazioni venete è destinato alla produzione di vini bianchi, settore di picco massimo! Specialmente questo si denota nella provincia trevigiana, seguita quella veronese. Il prodotto più venduto e in voga del momento rimane il Prosecco, seguito dal Pinot Grigio e dalla Garganega. Da punto di vista geografico, poi, si distinguono tante altre coltivazioni di qualità: la zona delle colline del Garda Veronese e la Valpolicella è caratterizzata dalla coltivazione di vitigni a bacca rossa che danno vita al Bardolino e ai vini della zona Valpolicella, con il suo prodotto di punta: l’Amarone.

Il vino Lugana ha natura interregionale. Viene prodotto tra le province di Verona e Mantova dal vitigno Trebbiano di Soave. Nella zona tra i Monti Lessini e i Colli Berici, invece troviamo i profumi di Soave e di Gambellara, rinomato per i vini bianchi a base di uve Garganega. La zona dei Colli Berici da, invece, origine ai vini rossi, come il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Tai Rosso. Sono due le DOCG del Padovano: il Moscato Fiori d’Arancio dei Colli Euganei e la DOCG Friularo di Bagnoli, mentre nel Trevigiano trova spazio il più importante distretto spumantistico Italiano, quello del Prosecco. Proseguendo verso Est, infine, arriviamo ai confini col Friuli per trovare un’altra DOCG, il Lison.

Come si può ben notare dall’elenco vinicolo sopracitato, il Veneto è una delle regioni che permette, grazie alle proprie coltivazioni, la produzione di differenti tipologie di vini. Che tu sia amante del vino bianco, fermo o con le bollicine, oppure di un bel rosso intenso, questa regione fa al caso tuo e dovrebbe essere inserita nella lista delle prossime gite fuori porta!

Vino italiano più alcolico di un grado per effetto dei cambiamenti climatici

 

I rilevamenti sulle condizioni climatiche ai quali si fa riferimento sono quelli relativi al 2015 effettuati dalla Coldiretti: il vino italiano è risultato più alcolico di un grado rispetto al passato, per effetto del surriscaldamento dovuto all’eccessiva concentrazione di anidride carbonica. L’aumento della temperatura però non incide solo sulla fermentazione del vino ma anche sull’estensione delle aree favorevoli alla coltura della vite, dell’ulivo e della stagionatura dei prodotti gastronomici tipici del Made in Italy.

Cosa succede alle colture se aumenta la temperatura ambientale

Stando ai dati diffusi da Coldiretti, il 2015 è stato l’anno più caldo della storia per l’Italia, da quando sono cominciati i primi rilevamenti in questo senso ad opera dell’Istituto Isac Cnr. Il 2016 si classifica invece come l’anno più caldo a livello mondiale, da 137 anni a questa parte. La temperatura media registrata da gennaio a settembre è risultata superiore di 0,89 gradi C rispetto alla media del ventesimo secolo.

Quali sono gli effetti di questi cambiamenti climatici sulle terre coltivabili e sui prodotti della gastronomia tipica italiana? Innanzitutto il caldo ha cambiato la distribuzione dei vigneti in Italia che si va estendendo verso altitudini maggiori: la vite ha raggiunto quota 1200 metri di altezza, come ad esempio nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta.

Il riscaldamento generalizzato di terre e mari provoca anche cambiamenti sui prodotti tipici del Made in Italy, a partire dalla stagionatura dei salumi e l’affinamento dei formaggi fino ad arrivare all’invecchiamento dei vini. Il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni e l’attenzione ora è proprio focalizzata sulla qualità di questa eccellenza italiana, che va preservata e garantita nelle sue caratteristiche organolettiche. Il patrimonio di prodotti tipici italiani, vino in primis, deve le proprie peculiarità proprio all’ambiente geografico in cui si trova e che è il risultato di fattori naturali e umani specifici e inimitabili.

Gli effetti dell’innalzamento della temperatura del pianeta si registrano anche sulle coltivazioni dell’ulivo, che ormai hanno raggiunto le Alpi. Nella zona della pianura padana spuntano, tra le colture, quella del grano e del pomodoro (appannaggio da sempre delle regioni più a Sud d’Italia) mentre in Sicilia si raccolgono i primi avocado e le banane Made in Italy.

Allargando lo sguardo sul resto dell’Europa, gli effetti climatici sulle colture si fanno sentire soprattutto in Belgio e in Repubblica Ceca, in questo caso per quanto riguarda orzo e luppolo destinati alla coltivazione della birra (colture che, a quanto pare, hanno ridotto la resa in termini di produzione); infine non esce indenne neppure il famoso champagne francese (la più nota è la  riserva di champagne Moet Chandon) che, a causa dell’aumento di 1,2 gradi C, vede le colture destinate alla sua produzione allargarsi ed espandersi a nord verso l’Inghilterra.

Da considerare infine anche i cambiamenti del tempo a volte così repentini da causare veri e propri sfasamenti nel passaggio tra una stagione e l’altra oppure tra una condizione di siccità ed arsura ad una di alluvione e grandine nell’arco di pochi giorni.