Le fasi lunari e la viticoltura biologica

Le fasi lunari e la viticoltura biologica 3

 

Qualcuno asserisce che l’effetto dei movimenti lunari non si limiti a generare le maree ma influisca in vari modi sul comportamento di tutti gli esseri viventi, caratterizzando sin dalla nascita qualità e stile di vita di ogni organismo.

Il mondo della viticoltura biologica, che ama applicare le conoscenze provenienti dalla tradizione per ottenere prodotti di origine vegetale ecosostenibili, autoctoni, economici, e sani, segue le cadenze del calendario lunare rispettando i mesi ed i giorni dell’anno solare indicati come più adatti per dedicarsi alle attività vitivinicole principali come l’impianto dei vigneti, la potatura delle viti  e la vendemmia dell’uva,  la svinatura, travasi e l‘imbottigliamento del vino.

Il calendario lunare in vendita online registra le date mensili dell’anno, secondo il calendario Gregoriano, in associazione con le fasi lunari corrispondenti. Indica cioè le posizioni che la Luna viene ad assumere nel corso dell’anno sinodico, e che si ripetono ciclicamente nei dodici mesi. Le otto diverse posizioni sono: Luna nuova o Novilunio, Luna crescente Primo quarto, Gibbosa crescente, Luna piena o Plenilunio, Gibbosa calante, Ultimo quarto, e Luna calante.

Il calendario lunare segnala i quattro giorni in cui avvengono Noviluni, Primi quarti, Pleniluni e Ultimi quarti, spesso indica le ore in cui la Luna sorge e tramonta, a volte è unito ad una comoda agenda delle semine e dei raccolti in cui i viticoltori registrano le operazioni più importanti da compiere.

In verità comprendere le fasi lunari non è molto semplice, in primo luogo perché la Luna non gode di luce propria ma viene illuminata dal Sole, in secondo luogo perché la visione del satellite, che si ricava dal punto di vista terrestre, risulta diversa nei due emisferi, l’ australe e il boreale.

Il mese lunare inizia con un Novilunio e termina con il Novilunio del mese successivo.

La Luna Nuova è invisibile perché la sua faccia, rivolta verso la Terra, in questa posizione non può venir illuminata dal Sole. La Luna Nuova sorge e tramonta insieme alla stella, e in ciascun mese dell’anno sinodico dà inizio ad un nuovo ciclo, il quale, attraverso il Primo quarto e la Gibbosa crescente, raggiunge l’apice con la Luna Piena. Successivamente, la Gibbosa calante e l’Ultimo quarto condurranno ancora ad un Plenilunio.

In genere secondo la tradizione dei viticoltori delle nostre terre i movimenti lunari essenziali alla benessere di vitiuva e vino  sono compresi all’interno di due ben distinti periodi del mese, nel primo dei quali la posizione della Luna può essere definita fase di Luna Crescente e l’altro, l’opposto, in cui la posizione del satellite naturale rispetto alla Terra viene identificata come fase di Luna Calante.

 

I Paesi del Nord zuccherano il vino e non lo dicono: in Italia è vietato

I Paesi del Nord zuccherano il vino e non lo dicono: in Italia è vietato 7

 

Prima di acquistare una bottiglia di vino, e magari spendere una cifra considerevole per gustarsi un bicchiere dall’aroma pregiato, è sempre il caso di informarsi molto bene. Proprio così: le etichette, infatti, non sempre dicono tutto. Il rischio di comprare del vino trattato con sostanze estranee al normale processo di vinificazione cresce soprattutto quando si decide di acquistare delle bottiglie provenienti dall’estero. È questo per esempio il caso del vino ‘zuccherato’, la cui produzione è vietata nei Paesi dell’Europa Meridionale, mentre viene accettata nella maggior parte dei Paesi del Nord.

 

Ma di cosa si parla quando si menziona il vino zuccherato? Non certo di una bevanda speciale, anzi. Bisogna infatti sapere che, fin dal diciottesimo secolo, per aumentare artificialmente la gradazione alcolica dei vini si utilizza il saccarosio. Questa tecnica, però, è severamente vietata in Italia come anche in Spagna, Grecia, Portogallo e Francia del Sud, mentre è del tutto legale – e senza l’obbligo di riportarlo in etichetta – in Germania, in Gran Bretagna e nei distretti settentrionali della Francia. Non c’è quindi da stupirsi che tra i vinificatori mediterranei e quelli del nord non corra buon sangue: quella che si è creata è infatti una concorrenza che non è esagerato definire sleale.

 

Anche i nostri vinificatori, laddove necessario, lavorano il vino per aumentarne la gradazione alcolica, ma non attraverso il saccarosio: il metodo riconosciuto dalla legge prevede infatti l’aggiunta di mosto d’uva concentrato, un procedimento naturale ma estremamente più costoso. Dalla parte del consumatore, il problema è che sul piano organolettico è praticamente impossibile notare la differenza: per riscontrare la presenza dello zucchero, infatti, è necessario l’impiego di un polarimetro per saccarosio. Al bevitore meno esperto, dunque, può capitare di bere un vino tedesco o inglese arricchito con un elemento del tutto estraneo all’uva, ovvero lo zucchero, senza saperlo. Le aziende italiane e del Sud Europa, dal canto loro, si trovano a dover spendere fino a dieci volte di più, impiegando il mosto concentrato al posto del saccarosio. Forse pretendere che il divieto di aggiungere dello zucchero al vino venga esteso a tutti i Paesi del Nord Europa è chiedere troppo – contando anche il fatto che, nella maggior parte dei vigneti tedeschi, la debolezza del sole non permette ai vini di andare oltre i 7-8 gradi. È più che legittimo, però, sia per i consumatori che per i vinificatori italiani, chiedere che l’eventuale aggiunta di saccarosio da parte delle cantine straniere venga indicata chiaramente sull’etichetta delle bottiglie in commercio.

 

 

Articolo scritto in collaborazione con Emme 3

 

 

Detti (falsi) sul vino

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Il vino…la bevanda degli dei. Bianco, rosso, con o senza bollicine, c’è ne è veramente per tutti i gusti. Ogni buon pasto che si rispetti, che sia un pranzo o una cena, deve essere accompagnato da un buon vino, per essere apprezzato fino in fondo.
C’è chi preferisce il rosso, quello robusto ed intenso, e chi invece ama quello bianco leggero e frizzantino, in un caso come nell’altro, ciò che è sempre fondamentale è la qualità del vino che si beve.
Trattandosi di una bevanda diffusa da tempo immemore e di largo uso, nel corso del tempo si sono radicate delle vere e proprie leggende attorno al vino che lasciano il tempo che trovano. Quante volte avete sentito dire che il vino rosso si serve a temperatura ambiente o che con il pesce deve essere abbinato soltanto il vino bianco…ecco, queste e molte altre dicerie sul vino sono assolutamente false.
Cominciamo, per esempio, con quella del vino rosso che va servito a temperatura ambiente e che quindi viene conservato fuori dal frigorifero in ambienti spesso anche troppo caldi come le cucine delle nostre case. La temperatura ambiente effettiva alla quale il vino rosso andrebbe conservato non è quella tra i 21° e i 25° C che normalmente si trova negli ambienti domestici, bensì quella delle cantine che si aggira tra i 15° e i 17° C. Quindi a meno che non abbiate la fortuna di avere a disposizione una cantina con una simile temperatura, non abbiate timore di mettere il vino rosso nel frigo prima di servirlo o di chiedere il secchiello del ghiaccio quando anche nei ristoranti viene fatto un simile errore. Un vino rosso troppo caldo non è soltanto imbevibile ma è anche pregiudicato nelle sue qualità. Allo stesso modo, il vino bianco non deve avere una temperatura al di sotto dei 12° C perché si rischierebbe di alterarne aroma e profumo.
Quanti di noi, almeno una volta nella vita, hanno conservato in frigo lo spumante mettendo al posto del tappo il manico di un cucchiaino per mantenerne l’effervescenza ed evitare la dispersione del gas?! Sicuramente molti…peccato che sia assolutamente inutile, perché l’unico modo per preservare il più a lungo possibile le bollicine è quello di richiudere la bottiglia con l’apposito tappo di metallo.
Quante volte abbiamo sentito dire che “il vino rosso fa buon sangue”…niente di più falso, perché se se ne abusa può essere la causa di gravi patologie, alcune delle quali anche mortali. Quindi bere sempre vino di qualità e con moderazione e, possibilmente, farlo durante i pasti.
Non fa bene e si rischia di stare male se si mischia il vino bianco con il vino rosso…falso! L’unica accortezza potrebbe essere quella di badare alla gradazione alcolica e cominciare da quelli più leggeri e finire con quelli con la gradazione più alta, sempre senza esagerare ovviamente.
Se poi dicessimo che con il pesce va servito soltanto un buon vino bianco, avremmo schiere di sommelier e di chef che verserebbero fiumi di parole per sfatare questo falso mito!

 

 

Il Prosecco, un vino di qualità

Il Prosecco, un vino di qualità 15

 

Il prosecco: quando è garantita la sua qualità

Il prosecco doc viene prodotto in Italia, in particolar modo nelle regioni di Veneto e Friuli-Venezia Giulia e dal 2009 ha avuto il riconoscimento che ne certifica la qualità. Si tratta di un vino molto noto e che è tra i più apprezzati anche all’estero. Vi sono tre tipologie di prosecco. Il primo è detto Tranquillo ed ha un titolo alcolometrico di 10,50% vol. Il secondo è chiamato anche spumante ed ha 11% vol. e il frizzante con 9% vol. Le sue caratteristiche sono un colore giallo paglierino e un profumo fresco.

Il prosecco doc è costituito per l’85% da glera, una varietà di uva a bacca bianca che viene prodotta in grappoli grandi e lunghi, con gli acini color oro che conferiscono al vino la tonalità tipica. Il restante 15% è costituito da un misto formato da verdiso, chardonnay, e altre varietà di pinot bianco, grigio e nero. Le migliori varietà crescono soltanto in un terreno ottimo e favorevole. Deve essere esposto alla luce del sole e drenato. La qualità dell’uva non deve essere modificata con tecniche di coltivazione che potrebbero alterare il gusto e modificare il suo odore fresco e genuino. La classificazione del prosecco avviene su quattro livelli:

  1. Al primo posto vi sono i vini DOCG, cioè quelli di origine controllata e garantita. Viene utilizzato per indicare un prosecco controllato e che viene prodotto secondo uno schema stabilito. Vengono ammesse soltanto alcune varietà di uva che deve essere trattata unicamente in una maniera particolare per quanto riguarda le procedure di vinificazione e i procedimenti di invecchiamento. Per evitare delle contraffazioni ogni bottiglia viene numerata attraverso un sigillo sul collo.
  2. Al secondo livello vi sono quelli di origine controllata, disposti con l’acronimo DOC. Tale classificazione riguarda i vini prodotti in Italia. in questo caso gli schemi da rispettare sono meno rigidi ma comunque devono essere garantite alcune procedure standard per garantire una qualità del prodotto eccellente.
  3. Al terzo grado di classificazione riguarda l’IGT che sta ad indicare l’indicazione Geografica Tipica. Questo livello è stato aggiunto soltanto di recente per comprendere quei vini che sono realizzati con ottime varietà di uva che però non rientrano nelle prime due categorie. In questo caso si ha come punto di riferimento la regione di provenienza.
  4. Sull’ultimo livello vi è il prosecco da tavola che rientra più in generale nei VDT. Si tratta di un prodotto ottimo, realizzato comunque con uva di alta qualità e che deve conservare il suo sapore genuino.

Il prosecco è un vino molto rinomato anche nella cucina italiana e viene ad esaltare il gusto di molti piatti della tradizione culinaria. Viene servito principalmente con antipasti o con piatti a base di pesce e crostacei. Il prosecco viene utilizzato anche per comporre dei cocktail dal sapore fresco e dissetante. Questo vino va servito a temperature abbastanza fredde comprese tra i 6 e gli 8° C. Va conservato in un ambiente fresco e asciutto con temperature non superiore ai 14°C e messo a riposare in posizione obliqua. Deve essere assaporato non oltre i 24 mesi dall’imbottigliamento. Per esaltare meglio il profumo va servito in un calice a tulipano.

 

Forme d’Arte, l’arte di fare un pecorino al vino

Forme d'Arte, l'arte di fare un pecorino al vino 19

L’arte di fare un pecorino, un pecorino d’arte

A Pietrasanta, arte, vino, marmo, fashion e forme d’arte

Galleria Open One, 16 luglio ore 19,00

 

L’arte può essere anche in un pecorino, secondo Paolo Piacenti, “affinatore”…. termine di uso esclusivo ai produttori di formaggio, che significa  colui che aggiunge al prodotto un ingrediente che lo renderà unico e inconfondibile: per affinare il formaggio può servirsi di foglie di noce, cenere, vinacce, pomodoro; può affinare in barrique o utilizzare tanti altri ingredienti.

L’Arte per Piacenti è una componente della sua vita, una sensibilità particolare verso il bello in quanto, cresciuto in una casa dove il padre viveva in un contesto d’arte circondandosi di artisti e scultori, ha avuto l’idea – innovativa – di farsi fare delle etichette dei suoi pecorini da artisti, toscani e non, ogni artista una tipologia diversa di formaggio.

Pittori toscani, tra cui Elisabetta Rogai, realizzano appositamente le etichette dei formaggi, rendendo così ogni "forma" unica ed inconfondibile per un abbinamento di cibo, arte  e bellezza medioevale tra le mura di San Gimignano, sede dell’azienda.

E il 16 luglio, in una notte di stelle, a Pietrasanta, alla galleria Open One, Elisabetta Rogai per “Donne Oltre” una personale su un prato verde smeraldo punteggiato dal bianco immacolato di grandi massi di marmo di Bovecchi, l’artista fiorentina abbina la sua Enoarte al candido marmo di Carrara, alle sue pashmine ricavate dalle stampa dei suoi quadri e ai pecorini al vino di Paolo Piacenti, come ormai effettua da tempo per le etichette personalizzate con i suoi quadri dipinti con il vino.

Per il Pecorino a latte crudo della Garfagnana, per esempio, in cui si percepiscono tutte le essenze delle erbe pascolate, l’artista giapponese Masato Yoshioka ha realizzato Vento sulla spiaggia, una figura femminile con i capelli scomposti da una folata; il Pecorino a latte crudo di Volterra, invece, rappresenta la facciata della chiesa di Santa Chiara per opera del pittore Nico Paladini. Il Pecorino di Pienza stagionato è opera di Masato Yoshioka che sceglie per etichetta Una notte tranquilla: l’immagine di una donna sullo sfondo di un cielo notturno toscano. Sul Pecorino stagionato in grotta, stagionato su assi di castagno, si riconosce l’immagine di un villaggio bianco. È Sassi, un'etichetta disegnata sempre dal fiorentino Nico Paladini. E poi ancora, opere di Fabio Calvetti, Fabio Romiti, dell’artista americano Edwuard Giobbi e del fiorentino Giovanni Maranghi. Nove artisti hanno lavorato su circa quaranta prodotti differenti, ciascuno unico per sapore e immagini. Infine le etichette create da Elisabetta Rogai, l’artista che ha avuto l’incarico di dipingere anche con il vino del territorio senese il Drappellone del Palio dell’Assunta 2015, che ha creato per Piacenti etichette dipinte con il vino con immagini di donne, ebbre di vino, passionali e sognanti, scapigliate e sensuali.

Dunque arte, declinata in mille modi, privilegiando le immagini femminili in quanto, come afferma Piacenti, “il tema ricorrente è sempre la donna in quanto, a differenza di altre regioni, in Toscana la prerogativa di fare il formaggio è stata, fin dal Medioevo, prettamente femminile. Erano le donne che si occupavano dei formaggi e i metodi di lavorazione si tramandavano di madre in figlia. Solo le donne possiedono la sensibilità giusta per capire quando lavorare la cagliata

Paolo Piacenti crea un prodotto unico, nato da una intuizione, di qualità ma anche una facile comunicazione, dare una veste colta ad un prodotto toscano, i suoi pecorini al vino, un prodotto della terra, dunque “artista del formaggio”, esperto selezionatore e affinatore appassionato della tradizione casearia toscana, uno che ha lungamente cercato, e ritrovato, i pastori che lavorano il latte come si faceva una volta, ottenendo formaggi di cui s’era quasi persa traccia.

Forme d’Arte Formaggi

Via San Matteo –  53037 San Gimignano SI

www.elisabettarogai.it

www.openone.it

Pietrasanta, 16 luglio ore 19,00, Galleria Open One